L'Alzheimer è donna
un libro che ci fa capire la malattia e come affrontarla
In una fase di profonde trasformazioni provocate dal covid e dall’insicurezza economica dettata dal moltiplicarsi dei conflitti le patologie cronico degenerative rischiano di essere emarginate dalle attenzioni mediatiche ed economico-sociali, lasciando spesso le famiglie da sole nel gestire veri e propri drammi. Per questo è indispensabile approfondire gli studi e le conoscenze che permettono di individuare nuove e più efficaci forme di intervento coinvolgendo tutte le istituzioni e tutti gli enti impegnati nel tessuto sociale.
La malattia di Alzheimer è una malattia degenerativa e progressiva, caratterizzata da un deterioramento delle funzioni cognitive superiori, tale da interferire con la normale attività della vita quotidiana non solo per il paziente, ma per tutta la sua famiglia, sconvolgendone la vita.
Circa 50 milioni di persone nel mondo sono affette da demenza e di queste il 50-60% soffrono di Alzheimer. In Italia, al momento, sono oltre un milione i soggetti colpiti da demenza, di cui i malati di Alzheimer rappresentano più della metà dei casi (circa 600.000), con circa 80.000 nuovi casi all’anno coinvolgendo un numero sempre maggiore di famiglie: nel 2050 ammonteranno a 152 milioni (come se tre volte la popolazione italiana ne fosse colpita).
L’AD predilige le donne: la sua presenza è due volte maggiore nel sesso femminile, indipendentemente dall’età e dall’aspettativa di vita, e la mortalità è circa tre volte più elevata rispetto agli uomini. Inoltre le manifestazioni della malattia e la sua velocità di sviluppo sono diverse e più pesanti per il sesso femminile che oltre ad essere le più colpite sono quelle più chiamate a sopportane la gestione: la maggioranza dei caregiver sono donne e questo loro impegno le porta ad ammalarsi più precocemente degli altri, aggravando ulteriormente molte situazioni.
La sua ampia e crescente diffusione nella popolazione, la limitata e non risolutiva efficacia delle terapie disponibili e le enormi risorse necessarie per la sua gestione rendono l’ Alzheimer una delle patologie a più grave impatto sociale e per questo occorre un approccio che valica i confini delle cure sanitarie per coinvolgere ampi settori della società chiamata a far fronte a problemi di diversa natura che coinvolgono diverse discipline scientifiche. Una patologia da affrontare in modo globale e per questo operatori sanitari con diverse esperienze e capacità professionali: medici, infermieri, psicologi, sociologi, assistenti sociali, economisti si sono cimentati nell’affrontare il problema cercando di mettere in comune le conoscenze acquisite.
Ad oggi le terapie sono in grado di “mitigare” solo in parte i sintomi, ma non hanno nessun impatto sulla progressione della malattia. Grandi speranze (ma ancora tanti dubbi e perplessità) ha suscitato l’approvazione nel giugno 2021 da parte della FDA di Adacanumab, primo farmaco in grado di agire sui presunti meccanismi fisiopatologici e quindi in grado di modificare la progressione della malattia.
La pandemia da Covid-19 ha impattato gravemente sui pazienti con demenza. Le restrizioni hanno indotto un peggioramento dei disturbi comportamentali, rendendo ancora più evidenti le difficoltà di gestione di questi pazienti.
Il progressivo invecchiamento della popolazione italiana e l’aumento della rilevanza delle patologie croniche, con particolare riferimento alle patologie neurodegenerative, richiedono di far fronte ai diversi bisogni assistenziali attraverso modelli di presa in carico nuovi e innovativi, che nascono anche da un confronto allargato con uditori sensibili ed esperti del tema.
Data la prevalenza e la gravità dell’AD nelle donne e dati gli effetti sociali che la malattia comporta (il 70% delle persone con demenza sono assistite a domicilio da donne), appare evidente che l’AD acquisti connotati di genere di tale rilievo da porre la patologia come una delle priorità sanitarie per la salute della donna.
Da qui la necessità di approfondire e di sviluppare, in un’ottica multispecialistica e multidisciplinare, la malattia di Alzheimer, che vede la donna al centro della scena.
Per sua natura, l’Alzheimer è “Policoinvolgente” sia sotto un profilo sociale che economico, in quanto le ripercussioni sull’individuo, sulla famiglia, sul gruppo, sulla società sono variegate e, coinvolgendo la natura umana (già di per se impossibile da ridurre ad una numero finito di variabili), in una fase di progressiva irrazionalità, rende complicato giungere ad una codificazione esaustiva del problema. Questa interdisciplinarietà porta le diverse scienze a muoversi limitatamente al loro settore di appartenenza, raggiungendo, nello specifico, risultati ragguardevoli, ma le cui potenzialità sono limitate dalla mancata sinergia che si viene a creare.
La crisi dell’attuale sistema di cura potrà essere superata solo pervenendo ad una “sostenibilità condivisa”, nelle sue declinazioni economiche, finanziarie, sociali, ambientali e di finanza etica: solo un loro adeguato mix può garantire un benessere generalizzato anche ai soggetti che non possono più manifestare le loro volontà, senza creare disarmonie con conseguenti rifiuto dell’esistente. Il welfare nei prossimi anni dovrà superare la dicotomia tra l’ineluttabilità della crescita del numero dei malati e dell’aggravarsi della situazione dei caregiver, imponendo una ridefinizione del ruolo degli organismi pubblici e di tutti i soggetti coinvolti. Occorre cioè acquisire consapevolezza che le organizzazioni economico-sociali dovranno operare in contesti in incessante ridefinizione, dove i diversi player sono chiamati a ricostruire il loro essere, in un ordine inficiato da un crescente livello di sfiducia creato dal divario tra aspettative e risorse disponibili. Proprio per la sua complessità, la cura delle demenze senili offrono un banco di prova per la capacità intrinseca di mixare elementi individuali e fattori collettivi, candidandosi per fornire strumenti interpretativi per capire la nostra società ed il testo “Alzheimer è donna” dedicato a chi ogni giorno è chiamato a convivere con la patologia, fornisce un primo supporto per un approccio globale al problema.